La polizia ha acquistato un software per monitorare i video postati online
Un software per monitorare, ascoltare e trascrivere le tracce audio dei video postati online. Secondo un'inchiesta la polizia italiana starebbe portando avanti attività di Open source intelligence con strumenti sempre più soffisticati. Ma i pericoli per la privacy sono dietro l'angolo.
La polizia –si legge in questa interessante inchiesta pubblicata su Motherboard Italia, a firma Riccardo Coluccini– si sarebbe affidata su un software di Almaware per le indagini sul web. Con bando di gara diffuso lo scorso maggio, il Ministero dell'Interno ha deciso di dotare le forze dell'ordine italiane di un software in grado di eseguire operazioni di Media Monitoring, Knowledge Management e, quindi, di gestire e organizzare un database delle impronte digitali.
In soldoni: il programma è incaricato di cercare fonti audio/video sulle principali piattaforme, a partire da Facebook, Google Plus e YouTube; a botte di "300 ore di registrazione giornaliere", con 20 video analizzati in contemporanea, il software si premura quindi di effettuare una trascrizione di quanto detto nei video, cercando anche possibili corrispondenze con le impronte vocali già presenti nel database delle forze dell'ordine, magari perché appartenenti a indagati o pregiudicati.
Il sistema, scrive sempre Motherboard sulla base del bando in questione, permette poi di raggruppare le impronte vocali sulla base dei criteri scelti di caso in caso, ad esempio mettendo assieme tutti i sospettati di reati connessi al terrorismo, o tutte le persone di un certo sesso o di un certo range anagrafico.
Da una parte normale routine in un contesto in cui le forze dell'ordine di ogni Paese si dotano di strumenti sempre più sofisticati per contrastare il crimine online, ma dall'altra non mancano seri interrogativi: le impronte vocali sono dati personali e, in quanto tale, è lecito aspettarsi massime garanzie da parte della Polizia nell'uso di questi strumenti e nella gestione del database così creato.
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