Una legislazione anti-troll online? Si può fare, ma con enormi costi per la privacy

Una legislazione anti-troll online? Si può fare, ma con enormi costi per la privacy
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I social network, a volte, possono essere un ambiente tossico e pericoloso. Qualche settimana fa, i Facebook Papers hanno mostrato il lato oscuro di Facebook e Instagram, e oggi sembra che alcuni Governi abbiano deciso di rispondere alle criticità emerse dai documenti presentati da Frances Haguen al Congresso degli Stati Uniti.

Tra tali Governi vi è quello australiano, che ha avviato una politica dal pugno di ferro contro i troll sui social network: stando a quanto riporta Reuters, infatti, il Primo Ministro Scott Morrison ha svelato una legislazione che potrebbe forzare, in casi estremi, i gestori dei principali social network a rivelare alle autorità di polizia i dati sensibili di alcuni utenti che si sono celati dietro l'anonimato per fare dei commenti diffamatori o violenti in rete.

Morrison ha parlato di Internet come di un "Wild West" dove i troll possono attaccare le persone senza alcuna ripercussione grazie alle leggi vigenti, che garantiscono la tutela della privacy delle aziende e degli utenti e che rendono difficile identificare chi commette crimini di odio online. In particolare, il Primo Ministro australiano ha messo in luce che, se tali crimini si verificassero nel mondo reale, verrebbero immediatamente perseguiti penalmente, evidenziando una enorme disparità di trattamento tra reati commessi online e nella vita vera.

La proposta di legge arriva solo qualche settimana dopo una storica sentenza della Corte Suprema di Canberra, che dice che i gestori delle pagine Facebook possono essere considerati responsabili dei commenti sotto i propri post: la sentenza ha spinto grandi testate come la CNN a limitare l'accesso ai commenti dei suoi post sulla piattaforma, temendo ripercussioni legali.

La mossa del Governo australiano, comunque, solleva diverse domande sulla tutela della privacy degli utenti dei social network: l'anonimato non aiuta infatti solo i troll ma, almeno in Paesi diversi dall'Australia, anche chi dissente politicamente contro i regimi autoritari critica le autorità. La Cina, per esempio, ha dimostrato di utilizzare i social network per monitorare le manifestazioni di protesta di Hong Kong lo scorso anno. Il rischio, dunque, è che la mossa di Canberra costituisca un pericoloso precedente, che altri Stati potrebbero sfruttare per ottenere dai social network l'identità dei propri oppositori politici.