Il letargo degli orsi potrebbe fornirci risposte per curare l'atrofia muscolare

Il letargo degli orsi potrebbe fornirci risposte per curare l'atrofia muscolare
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Uno studio tenta di spiegare i meccanismi per i quali taluni animali, dopo che vanno in letargo, non soffrono di un processo biologico che, invece, colpisce gli esseri umani: l’atrofia muscolare.

Molte specie animali, in determinati periodi dell’anno corrispondenti ai mesi più freddi, vanno in letargo. Ricordiamo, tra tutti, l’orso, tuttavia anche molti invertebrati, rettili o anfibi, ad esempio, usufruiscono di questa strategia che possiamo definire, per certi aspetti, alquanto estrema. Gli animali che vanno in letargo, infatti, abbassano le loro funzioni fisiologiche al minimo: il battito cardiaco si riduce drasticamente, la respirazione rallenta di conseguenza, e sia il metabolismo che la temperatura si abbassano.

Tuttavia questi animali, al momento del risveglio, non mutano in maniera sostanziale la loro massa muscolare. Una cosa del genere è sorprendete se la confrontiamo con quanto succede ai muscoli degli esseri umani se, per molto tempo, non vengono usati. Un esempio è quando ci ingessano un arto o una gamba. In questi casi, il riposo forzato dell’arto fa sì che l’osso si risaldi in maniera corretta ma, allo stesso tempo, il muscolo va incontro ad atrofia. Ed è così che un gruppo di scienziati tedeschi e degli Stati Uniti ha deciso di capire per quale motivo i muscoli degli animali che vanno in letargo non incorrono nell'atrofia come invece avviene negli esseri umani. Per prima cosa gli scienziati hanno sequenziato il genoma dei muscoli del grizzly mentre era in letargo e quando, invece, era sveglio per cercare di capire quali geni fossero attivi e quali invece no durante i periodi di ibernazione e durante la veglia.

Si è notato che le cellule muscolari degli orsi in letargo avevano un elevato tasso di amminoacidi non essenziali, tuttavia questo non basta a spiegare come le cellule muscolari degli orsi in letargo non subiscano gli effetti dell’atrofia muscolare. Confrontando, quindi, i geni delle cellule muscolari di orso, quelle atrofiche di topo e quelle di un verme nematode, i ricercatori hanno notato che alcuni geni potrebbero effettivamente impedire al muscolo di andare in atrofia. Tuttavia altri studi su tali geni sono indispensabili per capire meglio e, magari un giorno, curare gli effetti dell’atrofia muscolare.