Ecco come i microbot nel nostro corpo potrebbero rivoluzionare la scienza medica
Una delle ultime frontiere della medicina è quella di riuscire ad inviare piccoli robot che possano rilasciare un farmaco particolare o eseguire piccoli interventi chirurgici in zone specifiche del nostro corpo.
Pensiamo, infatti, ad un antibiotico o ad una chemioterapia. I farmaci vengono messi in circolo e raggiungono sia le cellule malate che quelle sane indiscriminatamente.
Gli effetti positivi sono di gran lunga maggiori di quelli negativi ma, sicuramente, se si riuscisse a portare il farmaco direttamente e solamente dove sono presenti le cellule malate sarebbe un bel passo in avanti.
A rendere questa prospettiva un po’ più concreta ci sta provando un gruppo di scienziati californiani dell’Università di Caltech.
Portare micro robot direttamente nel luogo in cui è in corso una patologia apre a nuove conquiste della chirurgia perché, in linea teorica, si potrebbe operare in maniera meno invasiva per il paziente.
L’università ha costruito dei piccoli robot sferici, microscopici, costituiti da sfere di Magnesio metallico e ricoperti di strati d’oro e parylene, un polimero che resiste ai succhi gastrici.
La struttura presenta una cavità piccolissima, il motore della sfera, dove il magnesio reagisce con i fluidi del tratto digestivo formando delle bollicine che spingono in avanti la sfera al momento desiderato.
Il farmaco, inserito tra la sfera e il polimero, può essere trasportato fino alla posizione bersaglio.
Essendo le sfere piccolissime è impossibile, al momento, montare telecamere, quindi per sapere la loro posizione all’interno di un organismo utilizzano la tomografia computerizzata fotoacustica:
una luce laser a infrarossi si diffonde attraverso i tessuti e viene assorbita dalle molecole di emoglobina presenti nel sangue e quindi in tutto il corpo.
Le molecole di emoglobina iniziano a vibrare e questa vibrazione può essere percepita da speciali recettori posti sulla superficie del corpo.
I dati raccolti in questo modo sono utilizzati per creare immagini delle strutture interno dell’organismo.
Quando le sfere sono in prossimità del bersaglio, dall’esterno un raggio laser scioglie la capsula di paraffina mettendo la sfera di magnesio a contatto con i succhi gastrici che reagiscono con il magnesio formando le bolle.
Le sfere, a questo punto, si muovono in direzione casuale e, se non tutte, molte arriveranno nella zona malata e rilasceranno il farmaco. La sfera, alla fine, verrà biodegradata dai succhi gastrici.
Per il momento questi mini robot possono operare solo nel primo tratto digestivo.
Strati più profondi impediscono l’uso del laser rendendoli, per quelle zone, non funzionanti.
FONTE: Phys.Org
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