Le misteriose strisce di Fobos potrebbero indicarne l'imminente distruzione

Le misteriose strisce di Fobos potrebbero indicarne l'imminente distruzione
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Fobos, la luna maggiore (22km di diametro) e più interna di Marte, è decisamente interessante. Diversamente da Deimos, presenta delle evidenti grandi linee che attraversano la superficie. La loro formazione ha perplesso gli scienziati per molto tempo, ma un nuovo studio potrebbe aver risolto il mistero.

Secondo questo studio, le scanalature sono il risultato di enormi canyon presenti all'interno e potrebbero essere uno dei primi segnali che il satellite si stia lentamente frantumando.

Gli astronomi hanno infatti calcolato che la vicinanza a Marte, di appena 6000km, stia esercitando una forza gravitazionale che costringe al satellite di avvicinarsi di circa 2 metri ogni cento anni. La rapidità di questo fenomeno porterà inevitabilmente Fobos a distruggersi nell'arco di 40 milioni di anni, donando a Marte un temporaneo anello di detriti. Quando questo accadrà, Marte sarà il pianeta più luminoso nel cielo terrestre, per un breve periodo.

Il team di ricercatori dietro allo studio ha creato delle simulazioni al computer per esaminare gli effetti gravitazionali su un modello 3D simile a quello di Fobos. Numerose di queste simulazioni hanno effettivamente confermato che le forze di marea sarebbero in grado di causare uno spaccamento dello strato superiore, risultando in scanalature parallele, simili a quelle osservate sul satellite.
Le forze di marea, prodotte dall'attrazione gravitazionale, sono simili a quelle che può esercitare un buco nero su una stella, facendola a pezzi.

Tuttavia non tutte le aree di Fobos hanno rispettato le simulazioni, come ad esempio alcune scanalature sull'equatore. Il mistero dunque non è risolto del tutto, ma la missione giapponese MMX (Martian Moons eXploration) che dovrebbe partire intorno al 2025, sarà forse in grado di fare chiarezza.

Nel frattempo, studiando altre lune del Sistema Solare come Tritone, potremmo trovare la vita.

[Credit: NASA/JPL-Caltech/University of Arizona]