Il mito di Aracne: una storia di rivolta contro le tradizioni e la censura dell'arte

Il mito di Aracne: una storia di rivolta contro le tradizioni e la censura dell'arte
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Il mito di Aracne viene maggiormente celebrato nelle "Metamorfosi" del poeta latino Ovidio. Esso narra di una tessitrice, Aracne, le cui capacità divennero talmente note che la portarono a sfidare apertamente la dea Atena, con delle tragiche conseguenze. Vediamo perché.

Scritto tra il I secolo a.C. e il I secolo d.C., si teorizza che la storia mitologica narrata da Ovidio altro non sia che una trascrizione di un racconto popolare già diffuso tra la popolazione romana. Questo vedeva come figura principale Aracne, il cui nome, in greco, significa letteralmente "ragno".

La ragazza era un'umile tessitrice di Hypaepa, una cittadina nell'antica Lidia (Asia minore). Nonostante le sue origini modeste, il suo nome presto divenne famoso in tutta la regione grazie alle incredibili capacità che aveva nel tessere.

Si diceva che questo talento derivasse da una grande insegnante: Atena, o, per come la conoscevano i romani, Minerva. Tuttavia, Aracne negò sempre il tutto, al punto di sfidare la dea per affermare la superiorità delle proprie abilità.

Questo comportamento venne considerato irrispettoso dalla stessa divinità, che decise, però, di non punire la ragazza immediatamente. Minerva preferì tramutarsi in una vecchia donna e consigliare alla più giovane tessitrice di chiedere perdono per la sua arroganza.

Aracne ribadì che la sua arte fosse propria e di nessun'altro, anche di fronte ad una donna più anziana di lei, la cui saggezza, nella teoria, avrebbe dovuto aiutarla. L'orgoglio della ragazza la spinse oltre, schernendo, in un certo senso, Atena per la sua codardia al non essersi presentata al primo confronto.

Minerva, di fronte a tale comportamento, decise di rivelarsi e le donne presenti all'evento decisero immediatamente di venerarla. Tutte tranne una: Aracne. Lei rimase fedele alle proprie parole e, seppur spaventata, decise di affrontare a testa alta la divinità.

Atena, accettando la sfida della ragazza, iniziò a tessere un proprio arazzo, dove veniva raccontato lo scontro tra lei e Poseidone per il controllo di Atene. Nell'opera la possente divinità si rappresentò in armatura e affiancata dai suoi fratelli e sorelle dell'Olimpo. Quest'immagine doveva mandare un messaggio chiaro: tutti, dei e umani, rispettavano l'invincibile forza di Minerva. Come poteva, quindi, una semplice umana osare sfidarla in una battaglia già persa in partenza?

Anche Aracnee, però, creò un arazzo, tanto bello quanto quello della dea. In esso veniva creata un'immagine diversa: gli dei apparivano infantili, ingiusti e violenti. Vennero rappresentati 18 dei più celebri episodi di abuso contro gli umani, soprattutto protratti da Zeus e Poseidone contro le donne. Fra questi vi erano lo stupro della principessa Europa o di Medusa.

La perfezione dell'opera della giovane ragazza fece infuriare Minerva al punto che questa decise di colpirla con la sua spola. Aracne, disperata, corse via e cercò di impiccarsi.

Atena, vedendola sofferente, provò compassione e, prima di tornare nell'Olimpo, decise di liberarla da quella lenta morte e trasformarla in un ragno, costringendo Aracne a tessere ragnatele per tutta la vita dalla bocca. Quest'ultima va interpretata come simbolo dell'arroganza delle sue parole contro le divinità.

La giovane umana rappresentata nelle Metamorfosi di Ovidio non è un semplice personaggio che oltrepassa il confine tra dei ed umani. Tendiamo a simpatizzare molto più con Aracne che con Atena, la quale ci appare furiosa del fatto di essere inferiore, per la prima volta, a qualcuno.

Questo rapporto d'empatia tra lettore e personaggio si origina da un'intensa volontà di Ovidio di rappresentare se stesso, o l'artista del suo tempo, in una figura censurata ingiustamente e violentemente da un'entità superiore, come Atena (per il mito) o l'imperatore Augusto (nella realtà dell'autore).