Modificato l'enzima di un batterio rendendolo capace di degradare la plastica

Modificato l'enzima di un batterio rendendolo capace di degradare la plastica
INFORMAZIONI SCHEDA
di

E’ stato modificato l’enzima di un batterio, molto abile nel degradare le foglie, in modo tale che possa scomporre la plastica in sostanze più semplici da riutilizzare.

Il problema della plastica che finisce in natura è un problema molto serio che ha risvolti ecologici molto importanti. Abbiamo tutti sotto gli occhi, infatti, le drammatiche immagini di animali impigliati in questi rifiuti o con la pancia piena di piccoli oggetti di plastica. Si stima che ogni anno, nel mondo, si producano 359 tonnellate di plastica e, di queste, 150-200 tonnellate finiscano nell'ambiente, con tutti i problemi che, da questo evento nefasto, derivano. Ma la plastica non è tutta uguale e la più comune è quella denominata con l’acronimo PET (Polietilene tereftalato) che, con la sua produzione pari a 70 tonnellate l’anno, è il tipo di plastica più abbondante.

Tuttavia, sulla rivista Nature è stata pubblicata una ricerca, a cui hanno lavorato scienziati dell’Università di Toulouse, che illustra come è stato modificato l’enzima di uno specifico batterio che è così diventato capace di scomporre il PET. Per scegliere il batterio più adatto gli scienziati hanno esaminato 100.000 batteri diversi e, alla fine, ne hanno scelto uno molto bravo nel degradare le foglie secche. A questo batterio è stato modificato un enzima particolare ed è stato dotato dell’abilità di scomporre il PET in componenti, in mattoncini, più semplici che possono essere nuovamente sfruttati e riutilizzati, riciclati per formare, per esempio, nuove bottiglie di plastica con rese altissime.

E’ stato eseguito un test per valutare l’efficienza di questo batterio e, infatti, il microrganismo è riuscito, con il suo enzima modificato, a degradare 1 tonnellata di PET in dieci ore, con una resa del 90%, ovvero il 90% di quella plastica si può riutilizzare per creare nuove sostanze pronte all'uso. Ma questo è solo l’inizio. Nuovi studi sono necessari per adattare il processo ad una scala industriale.