No, non si può entrare di nascosto nel profilo Facebook del partner. Dice la Cassazione.

No, non si può entrare di nascosto nel profilo Facebook del partner. Dice la Cassazione.
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Una sentenza della Cassazione ribadisce quanto dovrebbe già suggerirvi il buon senso: entrare "clandestinamente" nel profilo Facebook della vostra ragazza per spiarne le conversazioni, anche se la password ce l'ha data lei, è un reato. Se poi la si becca con l'amante e si decide di escluderla dal suo stesso account cambiando la password... peggio.

Reato non tanto di gelosia, che un crimine ancora non è, quanto di accesso abusivo nella privacy. Il dato interessante introdotto dalla sentenza della Cassazione —che dovrebbe, quindi, essere fatto proprio anche dalla giurisprudenza successiva— è la sussistenza del reato anche quando l'intrusione avvenga all'interno di un profilo di cui si conoscono le credenziali perché ci sono state date direttamente dalla vittima.

Insomma, se all'interno di una relazione uno dei due partner compie un atto di fiducia sproporzionato, decidendo di fornire le credenziali d'accesso ai suoi account social, l'abuso di questa fiducia costituisce comunque reato.

La sentenza ha confermato la condanna ad un marito che era entrato nel profilo Facebook della moglie, scoprendo che questa intratteneva conversazioni con un altro uomo. Per gelosia l'ex coniuge (i due si sono ovviamente separati) avrebbe addirittura deciso di cambiare le credenziali d'accesso al profilo Facebook, estromettendo la donna dalla possibilità di riaccedervi. Peraltro oltre al danno la beffa, perché il marito nella sua difesa ha sostenuto che la password della ex moglie fosse così semplice e banale, che qualsiasi persona, con un po' di determinazione, avrebbe potuto accedere al suo account.

Morale? "La circostanza che lui fosse a conoscenza delle chiavi di accesso della moglie al sistema informatico —si legge nella sentenza— quand'anche fosse stata lei a renderle note e a fornire così in passato una implicita autorizzazione all'accesso, non escluderebbe comunque il carattere abusivo degli accessi".

A pesare sarebbe poi la condotta del marito, in palese contrasto con quanto consentitegli dalla moglie, e in violazione del suo diritto alla privacy: "Mediante questi ultimi infatti si è ottenuto un risultato certamente in contrasto con la volontà della persona offesa ed esorbitante rispetto a qualsiasi possibile ambito autorizzatorio del titolare dello 'ius excludendi alios', vale a dire la conoscenza di conversazioni riservate e finanche l'estromissione dall'account Facebook della titolare del profilo e l'impossibilità di accedervi".