Oscar Nilsson, l'uomo che restituisce umanità a semplici teschi
INFORMAZIONI SCHEDA
Oscar Nilsson, un artista forense, grazie alle moderne tecnologie e a sofisticati sistemi, è riuscito, nel corso della sua carriera, a ridare un volto umano a teschi di centinaia di individui anonimi risalenti alla Preistoria o all'età antica.
Usando la stampa 3D, oltre alle sue straordinarie conoscenze dell'anatomia facciale, l'esperto svedese ricrea copie dei teschi spediti dai suoi colleghi archeologi. Successivamente, seguendo la struttura ossea del volto e facendo affidamento sui dati scientifici riproduce i possibili tessuti molli (muscoli, pelle, etc..). Questa, secondo Nilsson, è la "fase di costruzione del manichino".
Dopo questo passaggio, che può richiedere anche mesi di ricerche per ricreare con la precisione più assoluta ogni singolo muscolo e il suo spessore, entrano in gioco i dati ricavati dalle analisi del DNA. Oggi la comunità scientifica che si occupa di questo aspetto ha disposizione tecnologie che non si disponevano 20 anni fa. Infatti, quando Nilsson iniziò il suo lavoro, comprendere il colore della pelle, dei capelli o anche solo degli occhi era un enorme sfida.
Oggi, conoscendo le manifestazioni fenotipiche di certi geni, soprattutto nelle popolazioni preistoriche, si possono ricostruire le possibili caratteristiche umane di tutti quei corpi riportati alla luce dagli scavi archeologici. "E' sorprendente che adesso possiamo comprendere dei dettagli che rendono il nostro lavoro rilevante" ha affermato lo stesso Nilsson.
Uno dei tanti volti ricostruiti dall'artista è quello di una donna anziana di circa 1.200 anni fa, i cui resti sono stati trovati vicino a Huarmey, in Peru, nel 2012. Il suo corpo era affiancato da altre 58 donne della civiltà Wari. Probabilmente questa era la regina della tribù, poiché si trovava all'interno di una camera mortuaria privata e circondata da gioielli e pietre preziose. Per questo, è stata nominata come "La regina Huarmey".
Un'altra busto ricostruito è quello di una donna trovata nel Whitehawk Camp, un sito archeologico vicino Brighton (Inghilterra). Il corpo venne trovato nel 1933 e, grazie al metodo del carbonio-14, è stato confermato che risalisse al Neolitico. Infatti, il campo inglese è considerato come uno dei più antichi siti d'Inghilterra risalenti a quell'epoca. La donna visse circa 5.600 anni fa e morì all'età di 25 anni, probabilmente nel tentativo di dare alla luce un bambino. Questo dettaglio è stato ricavato dallo studio della sua zona pelvica, dove sono stati trovati i resti di un feto. Al contrario dei resti del feto, un altro team di artisti forensi è riuscito a ricostruire il volto di un bambino mummificato di circa 3 anni.
Qualunque fosse la storia di queste persone, comuni o meno, è sorprendente come più di 200 ore di lavoro possano essere utili a noi contemporanei nel conoscere meglio i nostri antenati e non lasciare che la loro presenza vaghi in forma astratta nella nostra mente e tra le pagine dei manuali di storia.
FONTE: National Geographic
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