Il lato oscuro dell'IA ChatGPT: la storia di lavoratori da meno di 2 dollari l'ora

Il lato oscuro dell'IA ChatGPT: la storia di lavoratori da meno di 2 dollari l'ora
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Probabilmente non c'è più troppo bisogno di spiegare che cos'è ChatGPT. Infatti, l'IA in grado di scrivere bene anche in italiano è ormai un po' sulla bocca di tutti gli appassionati di tecnologia: ciò su cui la discussione sembra invece appena essere iniziata è il modo in cui sarebbero stati pagati alcuni lavoratori legati al progetto.

A portare alla luce la questione è un articolo di TIME pubblicato nella giornata del 18 gennaio 2023. La fonte afferma infatti di aver indagato in merito a come le risposte dell'IA vengono mantenute meno "tossiche", scoprendo che il compito sarebbe stato dato in outsourcing da OpenAI, l'organizzazione non a scopo di lucro dietro a ChatGPT, a una società chiamata Sama (che ha sede a San Francisco, ma che per l'occasione avrebbe impiegato dipendenti in Kenya).

Proprio su quest'ultima si concentra l'indagine del TIME, che scrive: "OpenAI ha utilizzato lavoratori kenioti in outsourcing che guadagnano meno di 2 dollari l'ora". Nella lunga analisi della vicenda (che potreste voler recuperare in via integrale in inglese), si fa riferimento al fatto che questi lavoratori sembrerebbero aver avuto il compito di "etichettare" contenuti sensibili come quelli relativi, ad esempio, all'incitamento all'odio, così da "addestrare" l'IA nell'evitare di utilizzare un "linguaggio non consono" quando fornisce risposte agli utenti.

In merito a questo, il TIME scrive: "OpenAI ha inviato decine di migliaia di frammenti di testo a una società di outsourcing in Kenya, a partire da novembre 2021. Gran parte di quel testo sembrava essere stato estratto dai meandri più oscuri di Internet". "Gli etichettatori di dati impiegati da Sama per conto di OpenAI ricevevano uno stipendio compreso tra circa 1,32 dollari e 2 dollari l'ora a seconda dell'anzianità e delle prestazioni", prosegue l'inchiesta.

In parole povere, il fatto che ChatGPT sia in grado di fornire "risposte etiche" sarebbe legato anche a prestazioni lavorative di questo tipo. Come ben potete immaginare, la storia dei lavoratori kenioti sta già facendo il giro del Web e la questione è stata trattata anche da Repubblica.