Perché alcuni alberi evitano di toccarsi? Ecco spiegata la timidezza della corona

Perché alcuni alberi evitano di toccarsi? Ecco spiegata la timidezza della corona
di

Il primo documento ufficiale sulla timidezza della corona venne scritto dal professor Francis Putz nel 1984 (anche se gli esperti sono a conoscenza del fenomeno dagli anni '20). Lo scienziato fece una curiosa osservazione mentre si trovava in una foresta di mangrovie: "le chiome degli alberi vicini non si scontravano, ma erano separate da spazi".

Sono due le teorie ufficiali sulla faccenda: la teoria dell'abrasione e la teoria dei fitocromi. La prima spiega che la "timidezza della corona" non sia nient'altro che il risultato dello scontro delle punte degli alberi che "combattono" tra quelli vicini, creando lo spazio vuoto che vediamo in seguito a diversi scontri che distruggono le punte. Questo meccanismo è stato anche supportato nella ricerca condotta da Mark Rudnicki della Michigan Technological University.

La seconda teoria, quella dei fitocromi, spiega che piante e alberi contengono proteine ​​​​sensibili alla luce note come "fotorecettori", mentre una delle più comuni è il fitocromo. La luce solare, come ben sappiamo, è molto importante per le piante e, secondo numerosi studi, questi vegetali sono in grado di alterare la loro crescita come mezzo per evitare l'ombra.

Attraverso questo meccanismo, quindi, sarebbe logico pensare che potrebbero apparire degli spazi vuoti nella chioma quando si verifica un certo affollamento nei rami più esterni... che riceveranno meno luce perché i rami di altri alberi gettano ombra. Inoltre, la creazione di un "tetto" di foglie non farebbe arrivare luce né sul suolo della foresta né sui tronchi degli alberi stessi.

È possibile che, grazie alla timidezza della chioma, gli alberi sostengano la propria crescita migliorando la salute del suolo della foresta. Una cosa è certa: il meccanismo è sicuramente utile agli alberi. A proposito di vegetali, ecco come le piante si difendono dai cambiamenti climatici, mentre una pianta studiata per più di 100 anni ha rivelato una nuova sorpresa.