Perché alcune persone dicono di potere "ascoltare i morti"? C'è una risposta scientifica

Perché alcune persone dicono di potere 'ascoltare i morti'? C'è una risposta scientifica
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Il mondo dello spiritismo, dottrina che ipotizza la possibilità di comunicare con gli spiriti durante sedute con persone definite “medium”, è sin dagli inizi criticato da scettici, filosofi e religiosi. Eppure, di recente, una ricerca scientifica ha cercato di spiegare se effettivamente queste persone riescono ad “ascoltare i morti”.

Lo studio, tra l’altro il più grande studio scientifico sulle esperienze dei medium registrato fino a oggi, è stato condotto dalla Durham University e pubblicato sulla rivista Mental Health, Religion and Culture come parte di uno studio interdisciplinare chiamato “Hearing the Voice”. Attraverso tale indagine, che ha visto la partecipazione di 65 medium chiaroudenti della Spiritualists’ National Union inglese e 143 cittadini casuali, si è cercato di scoprire se esiste o meno una risposta scientifica-psicologica al fenomeno in questione.

Per farlo, i ricercatori hanno raccolto descrizioni dettagliate del modo in cui i medium ascoltano le "voci" dello spirito e confrontato la predisposizione alle allucinazioni, aspetti dell'identità e credenza nel paranormale.

I risultati mostrano che il 44,6% dei medium partecipanti sentirebbero le voci dei defunti su base giornaliera, con il 33,8% che le ha sentite nel giorno dell’indagine; ancora, il 79% ha affermato che queste esperienze venivano e vengono vissute come parte della vita quotidiana sia quando si trovano da soli, sia quando lavorano come medium per altre persone o frequentano chiese con altri medium.

Inoltre, sebbene gli spiriti siano stati ascoltati principalmente all'interno della testa (65,1%), il 31,7% dei partecipanti spiritisti ha affermato di avere sentito voci spirituali provenienti sia dall'interno che dall'esterno della testa. Rispetto alla popolazione comune, gli spiritisti credono molto più fortemente nel paranormale e si preoccupano meno di ciò che le altre persone pensano di loro. Infine, non c'era alcuna differenza nei livelli di credenza superstiziosa o propensione alle allucinazioni visive tra i partecipanti spiritualisti e non spiritualisti.

Ma non mancano dettagli interessanti riguardanti l’età e la memoria degli “incontri” con i defunti: gli spiritisti, infatti, hanno riferito di avere vissuto il primo contatto a un’età media di 21,7 anni, con il 71% di loro che non era entrato in conoscenza con il movimento religioso dello spiritismo prima delle loro prime esperienze.

A livello scientifico, tutto ciò andrebbe ricondotto all’assorbimento, una delle manifestazioni dissociative più comuni dello stato di coscienza, ritenuta in molti casi benigna e non necessariamente correlata a disturbi psicopatologici di alcun tipo. Insomma, in parole povere, delle “disconnessioni” dalla realtà che ci portano in mondi immaginari per un tempo limitato.

Il ricercatore capo Dr. Adam Powell del Dipartimento di Teologia e Religione ha affermato: “I nostri risultati dicono molto su 'apprendimento e desiderio'. Per i nostri partecipanti, tra i principi dello spiritualismo sembrano avere un senso le esperienze dell'infanzia, così come i frequenti fenomeni uditivi che sperimentano come medium praticanti. Ma tutte queste esperienze possono derivare più dall'avere certe tendenze o abilità precoci che dal semplice credere nella possibilità di contattare i morti”.

Anche il co-autore dello studio Dr. Peter Moseley ha rilasciato un commento al riguardo: “Gli spiritualisti tendono a segnalare esperienze uditive insolite che sono positive, iniziano presto nella vita e che spesso sono poi in grado di controllare. Capire come si sviluppano è importante perché potrebbe aiutarci a capire di più sulle esperienze angoscianti o non controllabili del sentire le voci [dei defunti]”.

I ricercatori di Durham sono ora impegnati in ulteriori indagini sulla realtà dei medium chiaroudenti, lavorando con i professionisti per ottenere un quadro più completo di cosa si prova a vivere queste esperienze insolite e significative.

Intanto altre ricerche recenti nel mondo della psicologia hanno dimostrato che giocare ai videogiochi violenti non aumenta l’aggressività, ma anche che esistono davvero alcune canzoni che ci possono aiutare ad addormentarci rapidamente e avere un buon sonno.