Perché i gusci dei pistacchi sono così duri? Scienziati risolvono il mistero
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Madre natura non ha mica fatto le cose per caso e tutto quello che ci circonda si trova lì per un motivo. Ad esempio, vi siete mai chiesti perché i gusci dei pistacchi siano così duri da rompere? C'è una buona ragione e dei ricercatori lo hanno finalmente capito.
Prima, però, un piccolo excursus sul delizioso alimento: quello del pistacchio è un albero da frutto appartenente alla famiglia delle Anacardiaceae e del genere dei Pistacia originario dell'Asia centrale e del Medio Oriente. I pistacchi vengono prodotti come semi dall'albero e sono mangiati in tutto il mondo (nel 2019, la produzione globale di pistacchi è stata di circa 0,9 milioni di tonnellate).
Secondo quanto scoperto dai ricercatori dell'Università delle risorse naturali e delle scienze della vita a Vienna, Austria, il seme è racchiuso in una struttura microscopica di cellule interconnesse così strettamente legate tra loro da non lasciarsi mai andare l'una con l'altra, per questo motivo si ha così tanta difficoltà quando si cerca di aprirlo.
I ricercatori hanno trascorso anni a esaminare la biomeccanica dei gusci di pistacchio per capire perché siano così difficili da rompere. Gusci di noci e di pistacchio hanno delle "speciali" cellule 3D a forma di puzzle con lobi interconnessi. Gli addetti ai lavori hanno condotto un esperimento osservando frammenti rotti di gusci di noci e pistacchi su scala nanometrica (utilizzando microscopi all'avanguardia).
Le celle in entrambi i gusci hanno pareti cellulari resistenti piene di bobine a spirale di microfibre ma, in confronto alle noci, i pistacchi hanno involucri più resistenti. Molto probabilmente il materiale del guscio di pistacchio è molto più forte perché le sue cellule hanno tre volte più lobi delle cellule di noce. Le cellule, infatti, sono collegate attraverso strutture articolari a sfera simili alle articolazioni dell'anca umana.
Per questo motivo i semi sono stati intitolati "maestri dell'incastro geometrico delle cellule" da Notburga Gierlinger, biofisico e uno degli autori dello studio pubblicato sulla rivista Royal Society Open Science. "A cosa serve uno studio del genere?" vi starete sicuramente domandando. Bene, i ricercatori sperano che avere queste informazioni possa permettere loro di creare dispositivi ammortizzanti, come paraurti per auto e caschi di sicurezza.
FONTE: zmescience
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