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Potrebbero esistere 3 sottotipi diversi della malattia di Alzheimer
In un nuovo studio, riportato recentemente sulla rivista Science Advances (qui potrete trovare il documento originale), i ricercatori propongono che possano esistere almeno tre principali sottotipi molecolari della malattia di Alzheimer, e non solo uno come si pensava precedetemente.
La malattia colpisce le persone in modi differenti. Alcuni hanno un declino cognitivo lento e costante, mentre altri sperimentano un declino improvviso; ci sono pazienti che potrebbero avere problemi con il linguaggio e la comunicazione, mentre altri ancora possono persino iniziare a soffrire di psicosi e perdere il senso della realtà.
Le placche di beta-amiloide (AB) e i grovigli neurofibrillari (NTF), costituiti da proteina tau fosforilata, sono le due caratteristiche neuropatologiche dell'Alzheimer e sono stati a lungo caratterizzati come un segno indistinguibile della malattia. Tuttavia, l'accumulo di placca beta-amiloide potrebbe non essere il meccanismo chiave; alcune persone hanno un accumulo di placca, ma non mostrano alcun declino cognitivo durante la loro vita e gli studi clinici sui farmaci anti-amiloidi si sono rivelati deludenti per la prevenzione dell'Alzheimer.
Così, gli scienziati hanno utilizzato i dati di sequenziamento dell'RNA su 1.543 campioni prelevati da cinque regioni del cervello di centinaia di pazienti deceduti, oltre ad aver effettuato dei controlli con pazienti sani per il confronto. Gli addetti ai lavori hanno identificato tre diversi sottoinsiemi della malattia basati sulla combinazione di diversi percorsi biologici.
I percorsi sono: la neurodegenerazione tau-mediata, la neuroinfiammazione dell'amiloide-β, la segnalazione sinaptica, l'attività immunitaria, l'organizzazione dei mitocondri e la mielinizzazione. I ricercatori affermano che le loro scoperte devono essere confermate da altri studi, ma nutrono grandi speranze per le loro scoperte.
Se quanto osservato dovesse rivelarsi veritiero, gli scienziati potrebbero sviluppare dei metodi per identificare biomarcatori chiave per una diagnosi precoce della malattia.
FONTE: iflscience
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