Privacy Facebook: il Garante ordina più trasparenza e migliore gestione dei profili falsi

di

L'autorità italiana, che si occupa del rispetto della sicurezza della privacy dei cittadini, ha redarguito il Facebook in merito ai metodi utilizzati nella gestione dei profili falsi e nella poca trasparenza riguardo l'utilizzo dei dati. Il Garante ha anche dettato alcune linee guida a cui il social network dovrà attenersi.

All'interno della Newsletter N.414 del 27 aprile 2016, l'autorità ha ordinato all'azienda fontata da Zuckerberg, di rendere disponibile tutti i dati che lo riguardano, all'utente che ne fa richiesta.
La diffida del Garante della Privacy prende spunto da una triste vicenda che ha visto coinvolto un utente che si è ritrovato ad essere vittima di un tentativo di estorsione, sostituzione di persona e minacce. Il malcapitato aveva dapprima stretto "amicizia" con il truffatore ed intrattenuto con quest'ultimo, dopo uno scambio di messaggi confidenziali, aveva iniziato a chiedere denaro alla vittima.
Al rifiuto di questa, l'estorsore ha creato un account "fake" utilizzando i dati personali e la fotografia trafugata dall'account originale. Non contento, il delinquente ha inviato agli amici della vittima, video e foto "gravemente lesivi dell'onore e del decoro oltre che della sua immagine privata".
L'utente danneggiato, a quel punto, aveva chiesto a Facebook di cancellare il falso profilo e i dati trafugati.
Il Garante, interpellato dall'utente, ha dovuto prima dirimere la questione legata alla giurisdizione e se la normativa italiana fosse applicabile nel caso di una azienda con sede all'estero(la sede operativa europea si trova in Irlanda).
Chiarito che, essendo Facebook presente in Italia come organizzazione stabile (Facebook Italy SRL) e le sue attività collegate con la sede operativa europea, le leggi in materia di privacy fossero applicabili al caso ed ha quindi deciso di esaminare il ricorso.
Secondo il Codice italiano, quindi, l'utente ha il diritto a conoscere tutti i dati contenuti negli account aperti utilizzando il suo nome. L'autorità ha anche ritenuto il social network non obbligato a bloccare il profilo incriminato, per salvaguardare le informazioni contenuti al suo interno che potrebbero essere legate ad eventuali indagini di reato.