Rarissima scoperta negli abissi: ecco il pesce barile dall'elmo di "gelatina trasparente"

Rarissima scoperta negli abissi: ecco il pesce barile dall'elmo di 'gelatina trasparente'
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Cosa si cela in quei luoghi oscuri che chiamiamo abissi oceanici? Nel sondarne le profondità, è possibile appurare l’esistenza di creature assurde, come l’incontro spettrale nell'Atlantico con un calamaro alieno. Ma gli abissi non smettono di riservare sorprese. Un recente avvistamento ha svelato il pesce barile dalla testa di gelatina trasparente.

Nella baia di Monterey, al largo della California, è stato effettuato l’avvistamento di una specie abissale, denominata Macropinna microstoma, comunemente nota come pesce barile. Si tratta di una rarissima specie ittica delle profondità, dalle caratteristiche bizzarre persino per le creature oceaniche. La specie, individuata solo nove volte dalla sua scoperta nel 1939, presenta una testa gelatinosa e traslucida, attraverso la quale è possibile vedere i grandi occhi di colore smeraldo.

La spedizione odierna è stata effettuata da un team di ricerca scientifico, il quale, grazie alla collaborazione con gli scienziati del Monterey Bay Aquarium Research Institute (MBARI) e ai veicoli telecomandati da questi forniti, si è imbattuto nella sfuggente specie oceanica.

Le dinamiche dell’avvistamento sono state improvvise e inaspettate. Le apparecchiature telecomandate erano impegnate a monitorare l’area del Monterey Submarine Canyon, uno degli anfratti sottomarini più profondi del Pacifico, ad una profondità di circa 650 m.

Come riporta l’acquariofilo Thomas Knowles del Monetery Bay Aquarium, improvvisamente qualcosa appare nell’inquadratura delle apparecchiature: "Il barile è apparso per la prima volta molto piccolo in lontananza blu, ma ho capito immediatamente cosa stavo guardando. Non poteva essere scambiato per nient'altro".

Tale avvistamento ha provocato una notevole eccitazione nel team scientifico, come suggerisce lo stesso Knowles. Data la natura sfuggente della specie e la sua rarità, infatti, ha dichiarato "Sapevamo tutti che questa era un'esperienza da fare almeno una volta nella vita".

Dalle immagini è stato possibile osservare i brillanti occhi smeraldo della creatura, totalmente visibili attraverso la “calotta trasparente” dell’animale. Secondo gli studiosi si tratta di strutture oculari sensibilissime alla luce e, potendo essere rivolte sia di fronte che verso l’alto, permettono un’ampia visione dello spazio circostante. Di fronte a queste strutture è possibile individuare, ad occhio nudo, anche la presenza degli organi sensori adibiti all’olfatto.

Interrogandosi sulla diffusione della specie, il team di ricerca ha affermato di non poter appurare il numero esatto di esemplari, in quanto si tratta di una specie più sfuggente e meno frequente di altre creature abissali, come testimoniano i 9 avvistamenti in 5.600 spedizioni effettuate dal MBARI. A proposito di animali assurdi, eccovi cinque creature incredibili che abitano le profondità.

Riguardo al comportamento della creatura, i ricercatori affermano che si tratta di una specie “attendista”, che, nella colonna d’acqua, galleggia immobile in attesa di prede alla sua portata. Una volta a tiro, grazie alle sue pinne larghe e piatte, sferra l’attacco. Gli occhi, inoltre, grazie alla loro conformazione, possono essere puntati verso l’alto per meglio scorgere le prede e, essendo dotati di pigmenti verdi, sono efficienti nel filtrare la luce solare.

In base a tali caratteristiche, gli scienziati hanno provato ad avanzare un’ipotesi sull’utilità della sua testa gelatinosa. Secondo tale ipotesi, questo “scudo traslucido” potrebbe proteggere la specie dai tentacoli urticanti dei sifonofori, permettendogli di “rubare il cibo” a questi idrozoi.

Dopo attimi di fascinazione e sbigottimento, la piccola creatura si è voltata ed è sparita nella sconfinatezza delle profondità oceaniche, sotto gli occhi sognanti dei ricercatori.

Potete ammirare una rappresentazione della creatura nell’immagine di copertina, appartenente ad una delle spedizioni del MBARI, e di seguito un post Twitter dell’account ufficiale dell’istituto di ricerca.