Si riaccende il dibattito su chi furono i primi uomini ad insediarsi in America

Si riaccende il dibattito su chi furono i primi uomini ad insediarsi in America
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Un nuovo studio, condotto nello stato della California, potrebbe dimostrare come i primi uomini si stabilirono lì circa 130 mila anni fa. Tuttavia, questo rivoluzionerebbe tutto ciò che conosciamo dei primi "coloni" nel continente americano. Per questo molti non sono d'accordo e credono che la ricerca abbia fornito risposte troppo affrettate.

Questo infiammato dibattito su chi furono i primi uomini a popolare il continente americano ha inizio nel 2017. In quell'anno, un gruppo di paleontologi, nell'odierna città di San Diego, portò alla luce degli utensili in pietra di 130 mila anni fa, usati, probabilmente, per distruggere le ossa di alcuni mastodonti trovati in un'area vicina.

Da quel momento in poi, il mondo accademico americano cominciò a dividersi nettamente in due: da una parte vi era chi definiva quei reperti come le più antiche testimonianze che i nostri antenati abbiano lasciato in America; dall'altra vi erano molti critici.

C'era chi sosteneva che la funzionalità degli strumenti trovati non fosse quella ipotizzata dallo studio; altri ritenevano che le ossa vennero spostate in un'età molto più recente da altri siti della città. Insomma, lo studio non era sufficiente per cambiare una narrazione che vedeva i primi coloni arrivare 100 mila anni dopo la data prevista dal team del 2017.

La discussione si è protratta a lungo e i paleontologi hanno voluto cercare maggiori evidenze per dimostrare la loro teoria.

Si è arrivati, quindi, al 2020 con uno studio pubblicato nella rivista "Journal of Archeological Science". Qui, i ricercatori si sono posti l'obiettivo di dimostrare che le conclusioni di tre anni fa non fossero errate.

Per fare ciò, sono state analizzate le strutture chimiche e molecolari di due pietre trovate nel sito archeologico di Cerutti (noto per la sua ricca presenza di ossa di mastodonti), lo stesso studiato nel 2017.

I primi dati forniti da queste analisi hanno rivelato un'alta presenza di residui ossei animali in zone dove la roccia risulta più "fratturata". Secondo gli scienziati che hanno preso parte a questa ricerca multidisciplinare, è probabile che queste siano state utilizzate per modellare le ossa o strappare da esse la carne degli animali.

La resistenza accademica, anche in questo caso, si è rivelata tenace, nonostante l'evidente presenza di maggiori dettagli.

L'idea più diffusa è che molte rocce, a causa di recenti lavori di restauro dell'area intorno al sito, si siano mischiate insieme alle ossa dei mastodonti e che, per i movimenti del suolo, sia siano toccate, danneggiandosi.

Inoltre, i residui analizzati sulle pietre sono privi di collagene, una sostanza quasi sempre presente negli strumenti utilizzati dai primi uomini. "La sua assenza", ha spiegato il professore Gary Haynes dell'Università del Nevada, "aumenta la possibilità che siano stati i camion in superficie a far infrangere recenti pietre contro le ossa fossilizzate dei mastodonti, con poco, o se non del tutto privi, di collagene".

La complessità di questa discussione aumenta, se si vanno a ricercare studi passati condotti nel sito di Cerutti. Nel 2015, per esempio, vennero trovate delle rocce simili, ma con presenza di collagene.

Ci si chiede, quindi, se il nuovo studio non sia riuscito ad individuare il tassello fondamentale nelle pietre perché, come sostenuto da Hayes e i suoi colleghi critici, ne sono completamente prive o perché non sono state condotte sufficienti analisi.

Ad ogni modo, per adesso, il dibattito continuerà a rimanere aperto, nella speranza che ulteriori ricerche riescano a porre un punto finale a questa lunga discussione.

Nell'attesa di una futura risposta, se siete interessati all'argomento, si è scoperto che i cacciatori nella preistorica America del Sud non fossero solo uomini.

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