Ricercatori italiani hanno catalogato la storia di circa 90mila galassie

Ricercatori italiani hanno catalogato la storia di circa 90mila galassie
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Grazie all’uso del grande telescopio riflettore LAMOST, situato nell'osservatorio di Xinglong in Cina, è stato possibile catalogare la velocità delle stelle all’interno di circa 90mila galassie. Lo studio italo-cinese vanta il contributo di molti ricercatori italiani, e di strumentazioni appartenenti all’INAF.

La guida dell’italiano Nicola R. Napolitano, al momento professore presso l’Università Sun Yat-sen di Zhuhai in Cina, ha condotto un’analisi estesa del cielo boreale – spingendo al massimo le capacità del Large sky Area Multi-Object Fiber Spectroscopic Telescope (LAMOST). Il team di ricercatori è riuscito così a raccogliere dati di oggetti celesti lontani fino a 5 miliardi di anni luce, catalogando i moti di milioni di stelle, potendo così dedurre il passato, il presente e il futuro di ben 90mila galassie.

Conoscere i moti di dispersione stellare è fondamentale per comprendere come le galassie si siano formate, ma soprattutto per ipotizzarne meglio l’evoluzione in futuro. Più aggregati stellari sono noti e più i dati possono fornire elementi utili per capire come la materia oscura giochi con stelle, nebulose e galassie antichissime.

Crescenzo Tortora, altro italiano che ha fatto parte della squadra di ricerca, ha ribadito: “La misura delle dispersioni di velocità delle galassie consente di “pesarle”, proprio come se mettessimo una galassia su una bilancia. Possiamo determinarne la massa totale, vincolare il contenuto di massa frazionata in stelle e materia oscura, nonché stimare la massa dei buchi neri presenti nei centri di queste galassie. Quantificare queste proprietà è fondamentale per vincolare la storia evolutiva delle galassie e i loro processi di interazione e di accrescimento della materia

Una volta raccolti i dati spettrali delle stelle, l’analisi del quantitativo così alto di informazioni è stata possibile grazie all’utilizzo di macchine multi-core come quella dell'INAF installata all’Osservatorio di Capodimonte, di cui si sono serviti i ricercatori.

Non è la prima volta che il LAMOST, da quando è entrato in funzione nel 2009, fa parlare di sé per il suo eccezionale contributo: già nel 2015 è stato capace di analizzare oltre 121mila nane rosse, e i dati di quello studio sono ancora in via di sviluppo.