Ristoranti e negozi non possono chiedere la cancellazione delle recensioni

Ristoranti e negozi non possono chiedere la cancellazione delle recensioni
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Storica sentenza del Tribunale di Roma, che ha deciso che il diritto all'oblio di internet non è valido per negozi, ristoranti o professionisti che offrono servizi al pubblico. E' quanto emerge da due decisioni della corte romana, e riprese da Repubblica nella giornata di oggi.

Si tratta di un precedente significativo per il digitale, su cui le recensioni stanno assumendo sempre maggiore rilevanza in particolar modo per la scelta dei ristoranti. Secondo i magistrati, i servizi di recensione offerti da internet hanno tutto il diritto di esistere "a prescindere dalla volontà di chi viene recensito, perchè sulla possibile contrarietà del gestore dell'esercizio prevale il diritto di critica degli utenti" ed in generale di coloro che usano tali servizi. Proprio per tale ragione, le recensioni possono essere anche negative e non devono essere rimosse.

Il caso è saltato agli onori della cronaca dopo che un chirurgo aveva formalmente chiesto al tribunale la cancellazione di alcune recensioni negative sulla sua attività pubblicate dagli utenti su Google My Business o, in alternativa, la scheda del suo studio. La maggior parte delle recensioni erano positive, ma ciò che aveva infastidito il medico erano quattro opinioni negative, anche piuttosto critiche, di utenti che sconsigliavano ai lettori di affidarsi ai suoi servizi.

Il chirurgo aveva fatto causa alla stessa Google, ma la diciottesima sezione civile del Tribunale di Roma ha respinto la richiesta, condannando il dottore al pagamento delle spese processuali. Per Google, che era stata assistita dallo studio Hogan Lovells, si tratta di una vittoria storica, che avrà ripercussioni anche su altri servizi come Tripadvisor ed Amazon.

I giudici si sono soffermati sulla libertà d'espressione degli utenti ed hanno stabilito che il diritto all'oblio vale solo per i privati e non per gli esercizi commerciali o, come in questo caso, i fornitori di servizi. Nella sentenza, nello specifico, si legge che "il diritto di critica può essere esercitato anche in modo graffiante e con toni aspri".