Riuscita la fecondazione artificiale di ovuli di rinoceronte bianco settentrionale

Riuscita la fecondazione artificiale di ovuli di rinoceronte bianco settentrionale
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Dopo la notizia della riuscita fecondazione artificiale di ovuli di rinoceronte bianco meridionale in Nord America, anche l’Italia segna un punto a riguardo. Alcuni specialisti italiani sono riusciti a inseminare artificialmente, con lo stesso metodo, ovuli di rinoceronti bianchi settentrionali.

Dei 10 raccolti in Kenya dagli ultimi due rinoceronti di questa specie rimasti in vita, Najin e Fatu, 7 di questi sono stati fecondati con successo attraverso l’Intra Cytoplasm Sperm Injection (ICSI).

Lo sperma utilizzato proveniva da due tori di rinoceronte bianco, Suni e Saut, vissuti in uno zoo della Repubblica Ceca. L’ultimo rinoceronte bianco settentrionale maschio, Sudan, è morto nel 2018 per complicazioni legate all’età (ricordiamo che i rinoceronti bianchi possono vivere fino a 40-50 anni).

Gli esperti di Avantea (azienda che si occupa di riproduzione animale e ricerca biotecnologica) che si sono occupati della procedura di fecondazione hanno affermato la loro sorpresa quando hanno constatato l’alto tasso di maturazione degli ovuli di rinoceronte bianco settentrionale, molto più alto di quello degli ovuli di rinoceronte meridionale, specie non a rischio.

Gli ovociti iniettati resteranno per un periodo di tempo di incubazione per capire se, al loro interno, si svilupperà un embrione vitale così da poter poi effettuare la crioconservazione con un successivo trasferimento.

Poiché Najin e Fatu non sono in grado di portare avanti una gravidanza, si opterebbe per l’impianto degli ovuli in madri surrogate così da assicurare una speranza per la continuità della specie di rinoceronte bianco settentrionale.

L’obiettivo a lungo termine è creare un branco di almeno 5 esemplari che possano essere trasportati nel loro habitat naturale, in Africa, obiettivo ambizioso che potrebbe richiedere anche decenni, a quanto spiegano gli esperti.

Il rinoceronte bianco settentrionale è considerato una particolare sottospecie di quello meridionale e si stima che ne esistano tra i 19.000 e i 21.000 in aree protette. Secondo la World Wildlife Fund si tratta di una specie quasi a rischio, più precisamente “quasi minacciata”.

Non ci resta che attendere l’evoluzione di questa interessante quanto fondamentale branca della scienza e della tecnica per assicurare un futuro a questa come a tante altre creature minacciate dalla devastazione provocata dall’uomo e dai cambiamenti climatici.