Che ruolo ha il nostro metabolismo nella diagnosi della depressione?
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Il legame tra la depressione e il nostro corpo è molto particolare, tanto che per esempio la dilatazione della pupilla permetterebbe di misurare la gravità del disturbo. Altro ruolo interessante però sarebbe coperto dal nostro metabolismo, dato che alcune molecole permetterebbero di prevedere quali persone sono a rischio di disturbi depressivi.
A rivelarlo è una ricerca della University of California San Diego School of Medicine, svolta assieme a un gruppo di scienziati olandesi e pubblicata l’11 gennaio nel giornale online Translational Psychiatry. In questo studio l’autore senior, professore di medicina, pediatria e patologia Robert K. Naviaux e i suoi colleghi ricercatori hanno chiesto a 68 soggetti (45 femmine, 23 maschi) con un disturbo depressivo maggiore ricorrente (rMDD) in remissione e senza antidepressivi di essere seguiti per due anni e mezzi in maniera prospettica, dopo avere prelevato un loro campione di sangue così da osservare il rapporto tra la condizione in questione e il metabolismo.
I risultati hanno dimostrato che esiste una firma metabolica composta da metaboliti, ovvero piccole molecole prodotte dal processo metabolico che appartengono a determinati tipi di lipidi (grassi che includevano eicosanoidi e sfingolipidi) e purine, queste ultime costituite da molecole come ATP e ADP fondamentali per l’accumulo di energia nelle cellule e nella comunicazione tra cellule sotto stress. Questa firma permetterebbe di prevedere quali pazienti avrebbero più probabilità di ricadere in depressione fino a due anni e mezzo nel futuro con un’accuratezza superiore al 90%.
Come spiegato da Naviaux, “Questa è la prova di un nesso mitocondriale nel cuore della depressione. È un piccolo studio, ma è il primo a mostrare il potenziale dell'utilizzo di marcatori metabolici come indicatori clinici predittivi dei pazienti a maggior rischio - e a minor rischio - per attacchi ricorrenti di sintomi depressivi maggiori. […] Queste differenze non sono visibili attraverso la normale valutazione clinica, ma suggeriscono che l'uso della metabolomica - lo studio biologico dei metaboliti - potrebbe essere un nuovo strumento per prevedere quali pazienti sono più vulnerabili a una ricorrenza dei sintomi depressivi.”
Nonostante questi risultati convincenti, gli autori hanno affermato che sarà necessario effettuare un altro studio con un campione molto più ampio composto da circa 198 femmine e 198 maschi. In caso di conferma, questi indicatori sarebbero estremamente utili per coloro che soffrono di disturbo depressivo maggiore ricorrente, detto comunemente anche depressione clinica.
Altri studi riguardanti questi disturbi dell’umore hanno dimostrato anche che la discriminazione sui social e il cyberbullismo farebbero insorgere ansia e depressione molto rapidamente.
FONTE: Medicalxpress
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