Russia: le aziende tech lasciano Mosca, ma chi ci perde veramente?

Russia: le aziende tech lasciano Mosca, ma chi ci perde veramente?
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La guerra di invasione all'Ucraina, condotta dalle Forze Armate russe, è destinata a lasciare strascichi socioeconomici importanti a prescindere da quale sarà il suo esito. Le sanzioni senza precedenti da parte del mondo occidentale ne sono la prova.

Infatti, in seguito al giro di vite della politica, anche il grosso delle aziende del settore Big Tech si è adeguato al blocco del commercio nella nazione più grande del mondo, non senza rinunce.

Ma quale sarà l'impatto sul mercato di questa scelta epocale?

In effetti, la Russia detiene il 20% del mercato europeo degli smartphone e l'8% di quello relativo ai computer, mentre nello share complessivo a dominare incontrastata, prima dell'ondata sanzionatoria, era Apple con il 17%, seguita da Lenovo e HP.

Tra le notizie più importanti degli ultimi giorni, sicuramente troviamo l'addio di Intel e AMD al mercato russo, seguite a ruota anche da NVIDIA. A destare velata preoccupazione sulla possibile circonvenzione di queste decisioni, invece, c'era la possibilità che alcuni produttori partner (OEM e AIB), non solo cinesi ma anche occidentali, potessero decidere di continuare a commercializzare le proprie proposte con chip tecnicamente "banditi".

Secondo le opinioni raccolte da Canalys, il mercato russo, tuttavia, rappresenta solo una frazione della spesa globale e pari al 5% di quella europea, con circa il 2% dell'economia delle aziende che hanno deciso di chiudere battenti. Paradossalmente, a pagarne il prezzo più salato potrebbero essere proprio le aziende che continueranno a commerciare con Mosca, dal momento che questo potrebbe comportare un danno d'immagine agli occhi dei clienti europei e nordamericani.

Tra gli aggiornamenti più clamorosi di questa terribile crisi internazionale, segnaliamo anche la volontà della Russia di bandire tutti i servizi Meta, incluso Instagram. Il motivo? Il colosso di Zuckerberg, dopo le recenti decisioni aziendali sulla moderazione interna, sarebbe stato etichettato come "organizzazione estremista".

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