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Un recente studio pubblicato sulla rivista di settore Psychology, Crime & Law, dimostra quanto sia facile identificare un innocente come presunto colpevole di un crimine (di qualunque tipologia). Vediamo insieme una ricerca che farà sicuramente riflettere.
"Abbiamo informazioni chiare dal Progetto Innocence negli Stati Uniti e da altri casi in tutto il mondo, che tra le persone che sono state condannate e successivamente dichiarate innocenti, circa il 70% è stato incarcerato, almeno in parte, a causa di un'errata identificazione", afferma Thomas Nyman, professore alla New York University di Shanghai nonché autore dello studio.
In particolare, senza adoperare dunque un drone per trovare criminali, i ricercatori hanno reclutato un campione finale composto da ben 1.325 partecipanti all’interno dello specifico Centro scientifico Heureka in Finlandia. Ogni "criminale" è stato osservato da diverse distanze e illuminazioni, al fine da valutare l’effettiva capacità dei "testimoni" di identificarlo correttamente. Inoltre, ciascun criminale poteva indossare dei cappucci o degli occhiali da sole per complicare ulteriormente le cose, simulando però una situazione reale.
Dopo aver fatto osservare ad ogni testimone il criminale per 20 secondi, è stato chiesto di identificare il colpevole da una lista di otto persone. I risultati sembrerebbero abbastanza chiari.
A quanto pare, la distanza ha giocato un ruolo fondamentale. Risulta infatti molto più difficile effettuare un’identificazione corretta se il criminale si trovava a circa 20 metri di distanza.
Come se non bastasse, se da un lato anche gli occhiali da sole hanno anche ostacolato la capacità dei testimoni di identificare il sospettato, dall’altro l’utilizzo di un cappuccio per nascondere il volto non ha fatto molta differenza.
Nello specifico, senza alcun tipo di mascheramento facciale e da una distanza di 5 metri, la precisione risulta essere del 69%, scendendo ad appena il 17% a 20 metri ma nelle stesse condizioni facciali. Quando invece gli occhiali da sole venivano indossati al crepuscolo, la precisione a 5 metri era pari al 33%, ma con una distanza di 20 metri scendeva solo all'8%.
"Nessuna ricerca precedente aveva indagato gli effetti combinati dell'aumento della distanza, della diminuzione dell'illuminazione e del mascheramento facciale sull'accuratezza dell'identificazione dei testimoni oculari utilizzando finti criminali dal vivo", ha dichiarato lo stesso Nyman a PsyPost.
Dopo aver scoperto che i ricordi di infanzia non si perdono, bisognerebbe senza dubbio riflettere sulle ripercussioni di simili dati.
"Se si potessero escludere identificazioni inaffidabili, significherebbe che meno persone innocenti andrebbero in prigione. Ed è proprio questo lo scopo dell’intero progetto: cercare di proteggere le persone", concludono gli autori.
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