
Scioccante incontro negli abissi: "calamaro dalla megapinna" batte il record di profondità
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Le profondità oceaniche non scarseggiano di creature impressionanti e stupefacenti. Non molto tempo fa, avevamo già discusso del pesce barile dall'elmo di gelatina trasparente. Oggi un’altra assurda creatura è stata avvistata nella fossa oceanica delle Filippine. Si tratta del “calamaro dalla megapinna”, nuovo detentore del record di profondità.
Durante immersioni di routine per il monitoraggio di un relitto della Seconda Guerra Mondiale, sprofondato decadi orsono nel mar delle Filippine, un team di ricerca ha effettuato una scoperta che ha dell’incredibile. I ricercatori, impegnati nell’analisi subacquea di un caccia torpediniere, hanno individuato un giovane esemplare di una specie di calamaro dalle caratteristiche stupefacenti.
Si tratta di una rarissima specie di cefalopode nominata bigfin e appartenente alla famiglia Magnapinna, affascinanti creature di profondità ancora poco studiate. L’eccitazione della scoperta è stata fragorosa per il team di ricerca, soprattutto per la profondità a cui è stato ritrovato l’esemplare. Il calamaro si aggirava nella fossa delle Filippine a circa 6.200 metri, attestandolo come il calamaro a maggiore profondità mai scoperto.
Il giovane esemplare cefalopode ha strappato il record ad un suo simile e precedente detentore del record per la maggior profondità raggiunta, ovvero un altro calamaro della famiglia Magnapinna, ritrovato nel 2014 a ben 4.700 metri negli abissi dell’Oceano Pacifico. La specie odierna appartiene alla stessa famiglia della creatura di cui discutemmo nell’incontro spettrale con un calamaro alieno negli abissi.
Gli scienziati, inoltre, hanno appurato la presenza di altri quattro esemplari di una specie comunemente nota come polpi dumbo, così chiamati a causa della conformazione delle pinne, che somigliano alle orecchie dei noti pachidermi. Ciò aumenta ulteriormente l’importanza del ritrovamento, in quanto, secondo Michael Vecchione, coautore dello studio, si tratta di appena il secondo rinvenimento di questa specie a tali immani profondità, dimostrando l’attitudine e la notevole resistenza dei cefalopodi a vivere in condizioni estreme.
Vecchione, zoologo dell’agenzia federale NOAA ed esperto di cefalopodi, ha così commentato le caratteristiche delle specie ritrovate "Questa immersione ha mostrato che più tipi di cefalopodi possono vivere almeno nelle parti superiori di queste fosse oceaniche molto profonde".
Lo scienziato, inoltre, ha avanzato alcune domande su questa classe di creature marine: “Come fanno i calamari a pinna grossa a vivere fisiologicamente a profondità comprese tra 1000 e 6000m?”. Tali profondità, infatti, risulterebbero inospitali, a causa dell’incredibile pressione atmosferica esercitata sul corpo degli animali, la quale può raggiungere un valore 600 volte maggiore rispetto a quella atmosferica.
Il team di ricerca ha ritrovato i cefalopodi a marzo dello scorso anno, sfruttando il sommergibile DSV Limiting factor, già utilizzato per precedenti spedizioni nella fossa delle Marianne, e ha filmato lo strabiliante incontro sul fondo dell’oceano.
I ricercatori hanno confermato l’appartenenza dell’esemplare ai Magnapinna grazie alle caratteristiche inconfondibili, tra cui le pinne sovrasviluppate e l’andamento di nuoto, e suppongono sia un giovane, a causa delle ridotte dimensioni delle propaggini tentacolari.
Di seguito potete ammirare un’immagine dell’esemplare, scoperto da Alan Jamieson e i ricercatori dello studio del 2014, appartenente a Jamieson stesso.
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