Scoperta "cripta" con centinaia di scheletri di ominidi: i primi a seppellire i morti?

Scoperta 'cripta' con centinaia di scheletri di ominidi: i primi a seppellire i morti?
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Le pratiche funerarie, come la sepoltura, si sono sviluppate di pari passo col progredire della società umana. Il culto dei defunti è sempre stato una componente fondamentale del tessuto sociale e non è difficile associarlo alle più antiche civiltà umane. Un nuovo studio, però, potrebbe ricondurre l’origine della sepoltura addirittura agli Ominidi.

Nel sito Rising Star Cave, in Sud Africa, sono stati rinvenuti oltre 2.000 frammenti osso-scheletrici, appartenenti all’Homo di naledi, ominide estinto e antico antenato degli esseri umani.

Il fattore di maggior interesse riguardo tale scoperta è la possibilità che i resti possano rappresentare la prova di pratiche di sepoltura della specie ominide, una forma primitiva di proto inumazione dei morti.

Dallo studio dei reperti è stato possibile non solo attribuirli all’Homo naledi, le cui caratteristiche fisiche sono molto simili a quelle dell’ Australopithecus, ma ha permesso di datare i resti ad un periodo compreso tra 236.000 e 335.000 anni fa. A proposito di queste antiche specie umane, un recente studio potrebbe aver scoperto che gli ominidi sono comparsi milioni di anni prima di quanto sappiamo.

La “grotta funeraria” in cui sono stati rinvenuti i resti, chiamata Camera Dinaledi, è un luogo fitto ed intricato, e ,proprio per queste sue caratteristiche, i ricercatori hanno ipotizzato che i defunti siano stati depositati volontariamente dai propri simili, come forma di tributo e per non lasciarli alle intemperie e alla mercé delle bestie feroci.

"È troppo presto per dire come i corpi di H. naledi siano entrati nella camera" ha dichiarato Lee Berger dell'Università del Witwatersrand a Johannesburg.

Per approfondire la questione il team di ricerca, guidato da Berger, ha effettuato un nuovo studio su alcuni resti di un esemplare di H.naledi di nome Leti. Dalla sua analisi è stata stimata un età giovanile, anche se presenta caratteristiche di un adulto.

Debra Bolter, coautrice dello studio, suggerisce che "Le dimensioni del cervello di Leti lo rendono molto paragonabile ai membri adulti della specie trovata finora".

Il teschio del giovane esemplare è stato rinvenuto in un’insenatura molto stretta, oltre la camera Dinaledi e, data l’assenza di segni di predazione o trasporto di flussi d’acqua, risulta complesso capire come sia giunto così in profondità.

Ad infittire l’enigma sarebbe la presenza, in camere attigue, di un gran numero di denti di babbuino e resti animali. Questi ultimi, essendo separati dalle “sepolture umane” e dato l’alto numeri di individui naledi presenti in camere specifiche, potrebbero indicare l’attitudine di questi antichi uomini a preservare le spoglie dei morti.

I ricercatori sono intenzionati ad approfondire gli studi per scoprire l’origine delle prime pratiche funerarie della storia e questo ritrovamento potrebbe essere un’ulteriore tassello per fornire una risposta a questa domanda.

Grazie ad una serie di scoperte passate, tra cui il ritrovamento di un bambino in Kenya risalente a 78.000 anni fa con evidenti segni di inumazione volontaria e la scoperta di sepolture nelle tribù di Neanderthal, sappiamo che l’azione di custodire i propri morti risale a decine di migliaia di anni orsono.