Sindrome del terzo uomo: quando si è in fin di vita spesso appare questa figura
INFORMAZIONI SCHEDA
Possiamo spiegarvi la Sindrome del terzo uomo in modo semplice: quando si ci trova in fin di vita e in circostanze davvero estreme, spesso alcuni resoconti di sopravvissuti hanno affermato di aver visto una sorta di "apparizione" inspiegabile di una figura umana che gli dava consigli per sopravvivere.
Esploratori di montagna, naufraghi ed esploratori hanno tutti affermato di aver visto una persona o sentito una voce capace di fornire loro delle indicazioni utili per portarli in salvo. Una di queste persone è stato l'esploratore britannico Frank Smythe, che nel 1933 divenne (quasi) la prima persona a scalare l'Everest.
Quasi perché il gruppo dell'alpinista decise di tornare indietro a causa delle condizioni estreme della montagna, mentre Smythe decise di continuare, determinato a completare la vetta, mancandola di soli 304 metri. "Per tutto il tempo in cui ho scalato da solo, ho avuto la forte sensazione di essere accompagnato da una seconda persona, sentendomi meno solo", scrisse l'esploratore nel suo diario.
Questa non è l'unica storia simile. Un'altra testimonianza appartiene a Sir Ernest Shackleton, che tra il 1914 e il 1917 si imbarcò con l'idea di attraversare l'Antartico, fallendo miseramente quando l'Endurance, la nave che trasportava il gruppo, rimase bloccata nel ghiaccio nel 1915. Il gruppo di marinai intraprese un arduo viaggio attraverso terre inospitali per raggiungere la salvezza e scrivendo della sua impresa, Shackleton disse: "durante quella lunga e tormentosa marcia di trentasei ore sulle montagne e sui ghiacciai senza nome della Georgia del Sud, mi è sembrato spesso che fossimo quattro, non tre".
Nessuno sa chi sia davvero questa figura e fino ad oggi sono state date pochissime spiegazioni scientifiche. È probabile che si tratti di un'allucinazione in risposta a uno stress estremo, ma poiché è capace di fornire informazioni ragionevoli in momenti di pressione estrema, il "terzo uomo" è stato persino utilizzato in terapia come un meccanismo di coping.
FONTE: iflscience
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