Un singolo fotone illumina la strada verso i computer quantistici

Un singolo fotone illumina la strada verso i computer quantistici
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Il percorso che porta alla realizzazione di computer quantistici è molto complicato e presenta molte insidie sia teoriche che tecnologiche; una possibile strada prevede l'utilizzo di fotoni come qubit e la nuova sorgente prodotta al Kwiat's Lab ha reso questa possibilità più reale.

Negli ultimi decenni, l'applicazione della meccanica quantistica ha fatto enormi passi avanti; gli scienziati hanno compreso come le strane proprietà del mondo quantistico possano permettere di elaborare grandissime quantità di informazioni. Le applicazioni di questa tecnologia sono innumerevoli; nuovi sistemi di crittografia, possibilità di risolvere problemi per cui non abbiamo algoritmi abbastanza veloci e vedere tanti possibili futuri in una volta sola.

Il principale problema che ha impedito l'utilizzo di fotoni come qubit è stata la difficoltà nell'ottenere una sorgente che fosse in grado di produrre un fotone alla volta, perché la natura casuale della meccanica quantistica rende difficile questa possibilità.

Il professor Paul Kwiat dell'Università dell'Illinois e il collaboratore Fumihiro Kaneda hanno prodotto quella che Kwiat ha definito "la più efficiente sorgente a singolo fotone del mondo".

"Il fotone è la più piccola unità della luce; introdotta da Einstein nel 1905, ha segnato l'inizio della meccanica quantistica. Oggi, il fotone è proposto come una risorsa per l'informatica quantistica; le sue proprietà uniche lo rendono un candidato perfetto per il qubit".

I fotoni si muovono molto velocemente e sono perfetti per le trasmissioni a lunga distanza, portando potenzialmente al teletrasporto quantistico; presentano proprietà quantistiche a temperatura ambiente. Lo sviluppo di una sorgente ha singolo fotone è cruciale per realizzare network quantistici.

Il principale meccanismo di produzione di fotoni si chiama SPDC (spontaneous parametric down-conversion) e produce coppie di fotoni a bassa energia tramite il decadimento di un fotone ad alta energia. La produzione di una coppia è fondamentale, uno dei due fotoni viene distrutto mentre l'altro è l'output della sorgente. Tuttavia il decadimento del fotone ad alta energia è un evento improbabile.

Il professor Kwiat e Kaneda hanno risolto il problema della bassa efficienza dell'SPDC tramite una tecnica chiamata Time Multiplexing. Per ogni ciclo, l'SPDC viene avviato 40 volte a intervalli regolari, producendo potenzialmente 40 fotoni. Ogni volta che viene prodotta una coppia, uno dei fotoni innesca uno switch ottico che permette di accumulare l'altro fotone in un loop di specchi. Conoscendo l'istante in cui il fotone entra nel loop, i ricercatori conoscono quanti cicli bisogna fare prima di lasciarlo uscire. In questo modo non importa quanti fotoni vengono prodotti, quelli accumulati possono essere rilasciati allo stesso intervallo di tempo.

Ci sono molti problemi ancora da risolvere, la natura randomica del decadimento può portare alla produzione di più di due fotoni. Anche tenendo conto di questa possibilità, l'efficienza di questo esperimento è un record mondiale.

La produzione di un singolo fotone è fondamentale per avere un singolo stato, puramente quantistico, in grado di immagazzinare informazioni in modo diverso da uno stato classico. Se la sorgente produce due o più fotoni non siamo più in grado di produrre i qubit.

I risultati di Kiwiat e Kaneda hanno avvicinato il momento in cui i computer quantistici saranno una realtà.