La più grande spedizione Artica della storia è tornata, riportando notizie inquietanti
La missione scientifica MOSAiC è partita a settembre 2019 dalle sponde norvegesi, per intraprendere una ricerca mai tentata su così larga scala: studiare i ghiacciai del Polo Nord per oltre un anno di fila, non fermandosi nemmeno per i difficili 6 mesi di buio polari invernali.
La spedizione MOSAiC - acronimo di “Multidisciplinary drifting Observatory for the Study of Arctic Climate” (Osservatorio multidisciplinare per lo studio della deriva del clima artico) - ha utilizzato la nave rompighiaccio Polarstern (“stella polare”, in tedesco) come base principale, e ha coinvolto ben 19 nazioni fra le quali Stati Uniti, Cina, Francia, Inghilterra e Germania. Da molti ricercatori è stata definita la più grande spedizione di ricerca nell’Artico della storia e, durante la missione, la nave si è volontariamente lasciata intrappolare dai ghiacci artici, lasciandosi trasportare dalle correnti.
Gli oltre 300 scienziati che hanno partecipato al progetto sono finalmente tornati nel mondo civilizzato, il giorno 11 ottobre, e hanno portato con sé dati ed esperienze piuttosto inquietanti. Secondo gli esperti, infatti, il ghiaccio è a livelli minimi sconcertanti, tanto è vero che in più zone di navigazione il mare era aperto e privo di formazioni glaciali fino all’orizzonte (rendendo vita molto facile alla rompighiaccio tedesca).
"Abbiamo assistito a come sta morendo l'oceano Artico", ha detto in una conferenza stampa Markus Rex, professore e capo della missione. "Dovremmo davvero fare ogni sforzo per preservare questo mondo, per le generazioni future e per usare le poche possibilità che abbiamo ancora per farlo. Abbiamo visto questo processo proprio fuori dalle nostre finestre, o quando abbiamo camminato sul ghiaccio fragile".
Secondo gli addetti alla MOSAiC, nei mari artici si sta svolgendo l’epicentro del cambiamento climatico mondiale, e che presto ci accorgeremo di effetti ancor più drammatici. Entro pochi anni potremmo ritrovarci un’assenza completa di ghiaccio nei periodi estivi boreali, e una presenza molto risicata durante l’inverno.
Per svolgere la ricerca sono stati installati quattro siti di osservazione sul ghiaccio marino in un raggio fino a 40 chilometri dalla nave. In totale son stati spesi circa 140 milioni di euro e son stati prodotti ben 150 terabyte di dati e più di 1.000 campioni di ghiaccio. Ora inizia la fase due del progetto: l’analisi dei dati e lo sviluppo di nuove ricerche che aiuteranno in maniera decisiva la comprensione dell’evoluzione dell’Artico e del clima.
Il viaggio è stato un'enorme sfida logistica, soprattutto per quanto riguarda l'alimentazione dell'equipaggio: durante i primi tre mesi, il carico della nave comprendeva 14.000 uova, 2.000 litri di latte e 200 chilogrammi di ortaggi. A rendere le cose più difficili è stata la pandemia di Covid-19, che ha isolato ancor di più la Polarstern dal resto del mondo, non potendo permettere nemmeno un riciclo dell’equipaggio (soprattutto per dare il cambio a chi già aveva speso parecchi mesi a bordo).
Non mancheremo di aggiornarvi su ulteriori sviluppi che sicuramente arriveranno presto grazie agli sforzi della spedizione MOSAiC. Del resto le brutte notizie sull'ambiente non scarseggiano: di recente sui fondali marini son state trovate oltre 15 milioni di tonnellate di plastica, mentre gli oceani ribollono a temperature record.
FONTE: ScienceAlert
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