Lo studio della civiltà scita: tra fonti archeologiche e miti

Lo studio della civiltà scita: tra fonti archeologiche e miti
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Rappresentati dalle antiche fonti greche come figli di Eracle e la strana creatura femminile Echidna, gli Sciti erano una popolazione nomade indoeuropea che si mosse per tutta la steppa euroasiatica.

Gli storici ritengono che questa popolazione visse per secoli, dal VII secolo a.C. fino al II-III d.C. La principale fonte primaria che ha permesso di comprendere meglio le origini di questa popolazione è stata il libro IV delle "Storie" di Erodoto.

L'autore descrive gli uomini di queste tribù come figli nati da un'unione tra dei e natura. La ricostruzione fornita dal libro dello storico greco e le analisi scientifiche condotte sui corpi di quelli che potevano essere stati una volta sciti hanno portato allo conclusione che questa popolazione derivasse dal ceppo iraniano.

Dalla Siberia meridionale, tra il Mar Caspio e i Monti Altaj, gli Sciti scesero verso l'area balcanica e la Pannonia, per arrivare a toccare i confini della penisola italica intorno al VI secolo a.C. Questa grandissima espansione territoriale fu la naturale conseguenza di fenomeni naturali e l'invasione unna nelle terre dell'Europa settentrionale.

Si sostiene, infatti, che gli Sciti fossero una popolazione di guerrieri. Per esempio, furono i primi nell'Eurasia ad usare i cavalli nel campo di battaglia. Questi erano così importanti che non era insolito seppellirli con i loro padroni o offrirli in sacrificio. Come rappresentato in una piccola placca in stile greco risalente al 400-350 a.C. (ritrovata nel 1830 in Crimea), i soldati usavano principalmente arco e frecce.

Nel sito vennero trovati anche dei corpi di possibili alti esponenti e beni in oro. Quest'ultimo era un elemento spesso utilizzato per adornare i vestiti delle figure importanti o per creare delle raffigurazioni, perché si pensava che fosse il tramite tra la dimensione umana e quella divina.

Un'altra placca ritrovata in un possibile cimitero scito, in Ucraina, mostra un uomo condividere un corno pieno di qualche bevanda, possibilmente vino. Essendo una bevanda prodotta principalmente in Grecia, gli studiosi non escludono l'esistenza una fitta rete commerciale di bevande, altri alimenti (come formaggi e latte) o persino armi.

Il vino era importante anche nei giuramenti: secondo la tradizione, chi prometteva fedeltà al focolaio reale (atto tipico del culto persiano), doveva ferirsi con un coltello e versare nella coppa piena di vino il sangue. Dopo aver immerso in questo miscuglio l'arma del combattente e pregato, gli uomini bevevano il contenuto insieme ai testimoni del rituale. La brutalità non era solo tipica del rito, ma anche nelle battaglie e nelle razzie. E' interessante che sia le cronache greche sia cinesi parlano della fama di cacciatori di teste dei guerrieri sciti.

Secondo gli antichi greci, nella società scita vigeva il matriarcato - una narrazione nata dall'idea che le amazzoni si trovassero nella Scizia. Tuttavia il dibattito su questo argomento è molto acceso. Alcuni studiosi sono convinti che gli Sciti fossero poligami e che la donna fosse una parte integrante del patrimonio dell'uomo. Altri ritengono che tutti potessero partecipare alla vita militare.

Gli Sciti, un tempo centro delle preoccupazioni dell'antico impero greco e delle antiche popolazioni cinesi, celano una storia affascinante. L'avvento degli Goti, nel II secolo d.C., potrà aver frantumato il loro potere, ma la cultura che ne è rimasta è ancora oggi fonte di studio e interesse.