Uno studio spiega le regole per creare un Tweet estremamente virale
Uno studio condotto da alcuni ricercatori cinesi della Beihang University ha provato a risalire alla formula di un tweet virale, un post in grado di raggiungere centinaia di migliaia (se non milioni) di persone su Twitter.
In passato —ricorda La Repubblica— si era già provato a dare risposta al quesito "cosa rende virale un post sul web" utilizzando metodologie e criteri senz'altro affascinanti. Ad esempio si tentò di creare un parallelo tra la viralità sul web, e quella delle malattie infettive. Insomma, i tweet come la peste nera.
La peculiarità di quest'ultimo studio, tuttavia, è la mole di dati su cui poggia: i ricercatori cinesi hanno analizzato oltre 12 milioni di post, e 1,5 milioni di retweet — il modo in cui il social chiama le condivisioni dei commenti scritti da altri utenti.
Lo studio sarebbe in questo modo riuscito a risalire al criterio più importante alla base di un tweet di successo: la differenza la fanno i primi 50 retweet. Solo sulla base dei primi 50 retweet —quanto è popolare chi li fa, quante interazioni generano, e via dicendo— sarebbe possibile determinare anzitempo se un post è destinato a diventare virale oppure no.
In questo modo i ricercatori sono riusciti a costruire un modello predittivo estremamente valido, oltre che a svelare uno dei segreti più ambiti del web.
Tra poco si vota per le elezioni europee, e Twitter sarà uno strumento fondamentale per la campagna elettorale — meno che negli USA, dove registra numeri più ampi, ma va comunque ricordato che il social ha guadagnato il favore di una grossa comunità di appassionati della materia. Soprattutto perché è uno dei canali social più usati da giornalisti e politici eletti. Così il social per l'occasione ha creato una nuova emoji speciale.
Ha fatto poi discutere la notizia del rifiuto da parte di Twitter di ospitare una campagna pubblicitaria promossa dal Governo Francese. E se il social per qualcuno è una grandissima opportunità di visibilità (e possibilità di manipolazione delle masse), per altri è motivo di grossi guai: quest'ultimo è il caso del CEO di Tesla Elon Musk.
FONTE: Repubblica
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