Switch-Off analogico anche in Friuli e in Sicilia

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L'uscita di Renato Soru rischia di bloccare sul nascere un'idea che sta iniziando a farsi strada negli ambienti del governo: far seguire al primo «spegnimento» ufficiale di impianti della vecchia tv analogica in Sardegna e in Val d'Aosta una replica a distanza di tempo piuttosto ravvicinata in altre due regioni: Friuli e Sicilia.

Ma accanto a queste possibili novità la vera notizia è che altre notizie non ci sono. Dal ministero delle Comunicazioni non vengono novità circa altri importanti aspetti della complicata partita del digitale terrestre. Nulla si dice circa l'innalzare il livello di interattività richiesto legandolo alla banda larga, per esempio, ma neanche sembra circa gli standard per realizzare il canale di ritorno in modalità wireless, cioè inserendo una sim dentro il decoder, e affidando la gestione delle comunicazioni dall'utente al centro servizi alle telecom mobili. Insomma tutta l'attenzione sembra volta allo sviluppo «geografico» del servizio: fare in modo che il maggior numero di famiglie possano vedere sul digitale terrestre esattamente la stessa cosa che vedono sulla «vecchia» tv, più qualche canale in più della Rai, un paio esteri. E naturalmente la payperview per calcio e cinema, che però non è esattamente un servizio pubblico.
La voglia di digitale terrestre nei palazzi romani è tale che perfino quando si parla di alta definizione tv, come è per esempio avvenuto una decina di giorni fa in occasione di una presentazione di Eutelsat, è emerso che in Italia tutto è fermo. La creazione di un Hdtv Forum che metta assieme network tv e industria manifatturiera, è sul tavolo da tre anni ma non viene mandata avanti. Forse perché l'alta definizione tv è una cosa che riguarda soprattutto la tv via satellite: richiede troppa banda per il digitale terrestre. E allora finisce in fondo all'agenda.
Ma come sta andando il Dtt in Italia? Il numero di decoder in circolazione dovrebbe attestarsi attorno ai 3,2/3,3 milioni. «Gli utenti dei serivizi payperview sono però molto più giù spiega Augusto Preta, di Italmedia Consulting, che ha da poco concluso uno studio sull'impatto dell'offerta di film nello sviluppo della piattaforma A settembre se ne stimava un numero compreso tra 1 milione e 200 mila e un milione e mezzo. Per fine anno potrebbero arrivare tra un milione e mezzo e 1 milione e 800 mila. L'oscillazione dipende dal fatto che non c'è una corrispondenza sempre precisa tra le schede comprate e la loro attivazione».
Il nodo è che c'è ancora quasi solo il calcio a far da traino dal punto di vista dell'offerta di contenuti. E quasi solo Mediaset dal punto di vista dell'attivismo. Rai non sta andando molto oltre i suoi tre canali di servizio, che sono tra l'altro gli stessi del satellite. La stessa Telecom non sembra intenzionata a scrollare La7 dalla sua attuale velocità di crociera, molto tranquilla. Ma anche in casa Mediaset c'è qualcosa che è sotto esame. Il cinema in payperview era partito con più grancassa e ora sembra procedere più sottotono. «Forse chiosa Preta si sta riflettendo sul fatto che la pay potrebbe cannibalizzare il valore che i film hanno per la tv generalista in chiaro. La tv in chiaro vale in Italia più dell'home video per i film, e questi a loro volta valgono molto per la tv in chiaro». Accentuarne insomma lo sfruttamento su altre piattaforme prima del passaggio televisivo ne potrebbe diminuire l'attrattiva, sia dal punto di vista degli ascolti, sia da quello degli inserzionisti pubblicitari. «Il calcio lo si vede sul digitale terrestre conclude Preta oppure sui concorrenti, per Mediaset, di Sky. Ma i film in payperview possono fare concorrenza a Canale 5. E magari anche ai cinema di Medusa».

Fonte: repubblica.it