Il tragico crollo del ghiacciaio dell'Himalaya è solo l'inizio, dicono gli esperti
Lo scorso 7 febbraio un intero costone di ghiaccio si è staccato improvvisamente dal massiccio montuoso del Nanda Nevi, nell'India settentrionale, creando una terribile inondazione che ha travolto abitazioni e infrastrutture. Ora gli esperti dicono che c'è molto altro da temere.
Non è ancora chiaro quale sia la vera causa che ha fatto letteralmente "esplodere" l'ammasso di ghiaccio che ha generato delle vere e proprie valanghe d'acqua, ma molti geologi e climatologi sono concordi sul fatto che un evento del genere è fortemente correlato ai cambiamenti climatici, e all'innalzamento delle temperature medie mondiali.
Un importante studio del 2019 ha suggerito che i ghiacciai himalayani si sono sciolti due volte più velocemente rispetto agli anni del secolo scorso. "Gli impatti del cambiamento climatico sull'Himalaya sono reali", ha affermato Benjamin P. Horton, direttore dell'Osservatorio della Terra di Singapore. "Oltre a un maggior rischio di incidenti, la perdita dei ghiacciai in Himalaya priva le comunità locali di acqua da bere e per l'agricoltura".
Non è la prima volta che la regione subisce un disastro del genere: nel 2013 infatti, circa 6.000 persone sono morte quando delle inondazioni e smottamenti improvvisi hanno spazzato via interi villaggi nell'Uttarakhand (uno Stato federato dell'India settentrionale costituito negli anni 2000), mentre i fiumi gonfiati dalle piogge hanno straripato e apportato ulteriori danni.
Oltre alla causa appena citata però, qualcuno vede in questo disastro un colpevole ben più immediato: secondo i più critici, infatti, i recenti lavori sulle dighe idroelettriche avrebbero compromesso pesantemente l'ecosistema idrico della zona, in particolare i fiumi dove avviene un continuo scarico di rifiuti solidi e liquidi, estrazione di sabbia e estrazione di pietre.
Qualunque sia la causa è chiaro che l'intera zona dell'India Himalayana non è sicura, e altri fenomeni simili potrebbero verificarsi nel giro di poco tempo. Occorre un intervento oculato sui lavori in corso, ma molte società in appalto addette ai lavori fanno capo al Partito Comunista Cinese, il quale - per ora - non vede di buon occhio la totale condivisione del proprio operato.
Secondo Patricia Adams, direttore esecutivo della Probe International - un gruppo di difesa ambientale canadese - "il Partito Comunista ora controlla alcuni dei fiumi più imponenti del mondo da cui dipendono milioni e milioni di persone nei paesi a valle per via della produzione di cibo, agricoltura e navigazione".
Rimanendo in ambito di cambiamenti climatici, è noto che gli attuali modelli dell'innalzamento del livello dei mari abbiano pericolosamente sottostimato il futuro.
FONTE: Sciencealert
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