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L'identità di genere non è sempre basata sul modello binario del sesso biologico e una nuova ricerca pubblicata su Cambridge Archaeological Journal indica che questa fluidità potrebbe esistere fin dalla Preistoria.
Dopo aver visto il manifesto della lotta alle discriminazioni di genere, un team di ricercatori ha analizzato il contenuto di oltre 1.200 tombe antiche provenienti da sette diversi siti dell'Europa centrale. I risultati dimostrano che fino al 10% potrebbe appartenere a individui non binari.
"La ricerca sul genere preistorico ha acceso un vivace dibattito negli ultimi decenni, con un punto principale di contesa sul fatto che il genere preistorico rispettasse o meno un modello binario e fino a che punto", scrivono i ricercatori. Per cercare di risolvere questo enigma, hanno cercato correlazioni tra genere e sesso biologico tra 1.252 persone vissute tra il primo neolitico e la tarda età del bronzo, ovvero nel periodo storico che va dal 5.500 al 1.200 a.C.
“Abbiamo scoperto che in sei luoghi di sepoltura su sette esiste una minoranza persistente di individui il cui sesso determinato non coincide con il genere che i rispettivi corredi dovrebbero segnalare”, riferiscono i ricercatori. Ma in che modo sono stati identificati il genere ed il sesso?
Il sesso è stato determinato sulla base di analisi osteologiche rese pubbliche, mentre il genere è stato stabilito in base alla tipologia dei corredi presenti nelle stesse tombe.
Nello specifico, viene descritto il caso di un maschio biologico di un sito in Germania che è stato sepolto con un copricapo fatto di gusci di lumaca e altri oggetti associati al genere femminile. Al contrario in un altro sito, uno scheletro biologicamente femminile è stato sepolto con corredi funerari maschili come un'ascia di pietra, un amo da pesca, zanne di cinghiale e lame di selce.
Commentando questi risultati, la dott.ssa Eleonore Pape principale autrice dello studio, ha spiegato che "storicamente, non possiamo più inquadrare le persone non binarie come 'eccezioni' a una regola, ma piuttosto come 'minoranze', che avrebbero potuto essere formalmente riconosciute, protette e persino venerate".
Complessivamente, sesso e genere corrispondevano per il 26,5% degli scheletri, ma erano contraddittori nel 2,9% dei casi. Il restante 70,6% degli individui è stato infine escluso dall'analisi poiché non è stato possibile determinarne il sesso o il genere. Dunque come ci insegnano gli scheletri ritrovati a Pompei, il nostro passato aspetta solo di essere scoperto.
"Concludiamo che i dati disponibili, nonostante i potenziali pregiudizi, supportano l'ipotesi che un certo grado di variazione di genere fosse formalmente accettato nel rito di sepoltura delle società preistoriche dell'Europa centrale", affermano i ricercatori.
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